Onorevoli Colleghi! - Ripropongo, senza modifiche, per memoria storica, questa proposta di legge costituzionale presentata il 5 maggio 1992 (atto Camera n. 536).
      L'esigenza di dare l'avvio ad un processo di riforma delle istituzioni è da tempo largamente avvertita nell'opinione pubblica ed ha assunto un'importanza crescente nel dibattito politico degli ultimi anni.
      I livelli per l'attuazione della riforma delle istituzioni sono costituiti dalle modifiche apportabili, da un lato, con la legislazione ordinaria e, d'altro lato, con il più complesso procedimento delle leggi di revisione costituzionale.
      Sotto il primo profilo, notevole ma forse scarsamente considerata è stata l'approvazione della legge di riforma degli enti locali e della legge sul procedimento amministrativo, le quali hanno rappresentato il primo tentativo di adeguamento della struttura dello Stato alle nuove esigenze, in vista del superamento della concezione di tipo autoritativo dei rapporti tra la pubblica amministrazione ed il cittadino in favore di nuove forme di partecipazione della collettività all'attività amministrativa.
      Con il più agile strumento della legge ordinaria può essere realizzata la riforma elettorale.
      L'obiettivo principale della presente proposta di legge costituzionale è quello di assicurare la stabilità del Governo e l'efficacia dell'azione governativa, armonizzando tali fini con quelli generali di adeguamento

 

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delle istituzioni alle nuove esigenze della collettività.
      Le prime modifiche riguardano l'investitura del Governo, che avviene per elezione del Presidente del Consiglio dei ministri da parte delle due Camere riunite in seduta comune, con votazione a maggioranza assoluta.
      Nella ipotesi che si dovrebbe considerare «normale», il candidato alla Presidenza del Consiglio è designato dal Presidente della Repubblica sulla base dei risultati elettorali e delle maggioranze possibili in Parlamento.
      L'esigenza prioritaria di addivenire comunque alla formazione di un Governo induce altresì all'abbandono del quorum della maggioranza assoluta nella terza votazione.
      La mancata elezione di un Presidente del Consiglio nel mese successivo alla prima votazione impone che la scelta tra i diversi schieramenti politici ritorni al popolo. Si è conseguentemente previsto lo scioglimento necessario delle Camere da parte del Presidente della Repubblica.
      L'adozione del sistema elettivo ha sconsigliato la sottoposizione all'approvazione del Parlamento della lista dei Ministri, al fine di evitare che il Governo possa essere nuovamente messo in discussione a causa di fatti relativi al singolo Ministro.
      Poiché è il Presidente del Consiglio che viene eletto dal Parlamento ed assume dinanzi ad esso la responsabilità per l'attuazione del proprio programma, egli nomina i Ministri e, conseguentemente, può anche revocarli. È chiaro che, di fronte a Governi di coalizione, i nominativi di coloro che verranno nominati saranno probabilmente già noti al momento della presentazione della candidatura del Presidente del Consiglio.
      Per la nomina dei sottosegretari provvede, invece, il Consiglio dei ministri, anche se su proposta del Presidente del Consiglio previo parere del Ministro competente. L'apparente incongruenza del meccanismo di nomina dei sottosegretari rispetto ai Ministri, essendo i primi sottratti alla nomina diretta del Presidente del Consiglio, si spiega in relazione alle loro particolari funzioni di raccordo tra la funzione politica e quella di alta amministrazione.
      La maggiore stabilità del Governo è garantita, oltre che dal meccanismo per la sua investitura, dalle procedure previste per l'attuazione del programma governativo, sul quale il Parlamento si è espresso in sede di discussione sul documento politico-programmatico presentato dal candidato alla Presidenza del Consiglio.
      Per l'attuazione del suo programma, infatti, il Governo potrà ricorrere ai regolamenti, la cui competenza è ampliata in virtù dell'attuazione della cosiddetta delegificazione (articolo 70-bis), alle corsie preferenziali previste dai regolamenti parlamentari e, inoltre, alla possibilità di conseguire l'approvazione di leggi necessarie per l'attuazione del programma senza emendamenti (cosiddetto «voto bloccato») introdotta dall'articolo 77-bis.
      Quest'ultimo meccanismo si è dimostrato particolarmente efficace nell'ordinamento francese al fine di assicurare la stabilità del Governo.
      La possibilità di ricorrere a procedure «agevolate» per l'approvazione delle leggi di attuazione del programma dovrebbe altresì ricondurre l'adozione dei decreti-legge entro i limiti stabiliti dalla Costituzione.
      Infine, anche la possibilità di revocare il Governo è sottoposta a limiti. La mozione di sfiducia deve essere sottoscritta da almeno un terzo dei componenti di ciascuna Camera ed indicare il nuovo candidato alla Presidenza del Consiglio. La revoca ha effetto qualora la mozione sia approvata a maggioranza assoluta dal Parlamento in seduta comune e comporta la sostituzione del neoeletto al Presidente del Consiglio in carica.
      Qualora non esista una maggioranza in Parlamento sufficiente a revocare il Governo in carica ma, d'altro lato, quest'ultimo non riesca ad ottenere l'approvazione dei provvedimenti legislativi necessari per attuare il proprio programma, viene rimessa al Capo dello Stato, su proposta del Presidente del Consiglio, previo parere dei
 

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Presidenti delle due Camere, la decisione sull'opportunità di procedere allo scioglimento delle Camere, rimettendo così la decisione agli elettori.
      La proposta di revisione costituzionale appena illustrata innesta sul nostro modello parlamentare un tipo di investitura del Governo in linea con quello delle grandi democrazie europee, che si concilia con le esigenze di maggiore trasparenza e di linearità dei rapporti tra cittadini-partiti-istituzioni e di maggiore funzionalità del sistema politico.
      Le modifiche proposte sono da considerare strategiche rispetto ad altre che possono essere esaminate anche in tempi successivi, come la riconsiderazione dei poteri del Presidente della Repubblica al fine di sottolinearne la funzione di garante della Costituzione.
      Quanto alle modifiche relative all'esercizio della funzione legislativa e al bicameralismo, si rinvia al dibattito politico in corso in Parlamento già da alcune legislature, sottolineando la coerenza delle proposte avanzate in quelle sedi con quelle qui illustrate.
 

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